C’è ancora chi crede che il paradiso somigli a un lettino in plastica, due settimane a girarsi come una sogliola, stessa spiaggia stesso mare stesso vuoto pneumatico. Non è solo questione di prezzi folli: è proprio il modello che fa acqua. Il rito delle ferie “all’italiana” è un fossile, e non serve un archeologo per accorgersene. Tolti i docenti, che godono di un calendario da nababbi e possono spiaggiarsi a tempo indeterminato, il resto del mondo con venti giorni di ferie dovrebbe farsi venire i brividi all’idea di sprecarli in diciottesima fila, guardando il mare come si guarda una teca al museo.
Il problema è che certe abitudini sono dure a morire: come le penne panna e salmone spacciate per gourmet, le cartoline spedite di fretta, le pesche nel vino e la gita all’Italia in miniatura. Oggi la vacanza è breve, frenetica e usa e getta: capitali incandescenti, scatti da tramonto per Instagram, voli low cost che durano più della permanenza. Sarà pure nostalgia, ma certe tradizioni è un bene lasciarle sepolte. E magari piantarla di scambiare la noia per relax.
A cura di Nicola Santini
