Ci sono quelli che ti cercano solo quando hanno un problema. E non perché tu sia la soluzione – che non ascolteranno comunque – ma perché hanno bisogno di sentirsi al centro di un universo che non li ha mai scelti come protagonisti. Sono quelli che abusano della parola “urgente” come fosse un codice d’accesso emotivo, i portatori malsani di vuoto esistenziale che, per riempirlo, devono far trasbordare il tuo.
Ti assediano con domande retoriche, consigli richiesti solo per essere ignorati, messaggi alle 6 del mattino con oggetto: “Ce la facciamo a sentirci oggi?” – quando l’unica cosa che dovresti sentire è la moka. Non vogliono risposte perché in realtà vogliono solo attenzioni. La tua, nello specifico, perché la tua vita piena, il tuo tempo contato e il tuo calendario ingolfato, per loro, valgono meno della loro noia.
Predatori affettivi a corto di prede, domatori di dramma in cerca di pubblico. Io li chiamo energivori. Marcare il territorio per loro è un gesto d’ansia: come i cani che fanno pipì ovunque, loro lo fanno con gli audio da 5 minuti su WhatsApp, che per me sono sequestro di persona, non messaggi. E che, ammetto, cestino senza manco ascoltare.
Ma la verità è che se ti serve un consiglio, lo ascolti. Se vuoi un confronto, lo cerchi. Se invece vuoi solo trascinarmi nel tuo pantano emotivo per non annegare da solo, allora no. Non è urgenza: è egoismo con un cappotto addosso.
E allora non è compito nostro riempire i tuoi buchi neri. Se ti senti vuoto, trova uno psicologo, un hobby o un criceto. Ma smettila di credere che la tua inquietudine sia un semaforo rosso per la vita degli altri.
A cura di Nicola Santini