Il 2 Giugno 1946 per la prima volta in Italia le donne ebbero diritto al voto. Furono in 13 mila a dire “eccomi”
C’erano mani consumate, vestiti semplici, cuori colmi di emozione. Era il 2 giugno 1946 e, per la prima volta, le donne italiane camminavano verso le urne come cittadine, finalmente riconosciute. Non più solo madri, figlie, mogli. Ma voci. Sguardi. Pensieri. E, soprattutto, scelte. In quel gesto silenzioso e potentissimo, si apriva una nuova stagione. Una stagione che sapeva di dignità, di giustizia, di futuro.

Nilde Iotti PH WP
Già nella primavera del 1945, in alcune città del Centro-Nord, le donne avevano rotto il silenzio dell’invisibilità. Avevano votato per eleggere sindaci e consigli comunali, ricamando il cambiamento con ago e filo di coraggio. A Reggio Emilia, Nilde Iotti entrava in consiglio comunale, tra sguardi scettici e applausi sinceri. In altri paesi, donne diventavano sindache, portando nei municipi la concretezza della cura, la forza dell’ascolto, il potere gentile del servizio.
Un gesto d’amore per la propria terra
Votare, quel giorno, non fu un semplice diritto. Fu un atto d’amore. Perché chi aveva vissuto la guerra, chi aveva raccolto i cocci delle bombe e stretto i denti nel silenzio delle attese, sapeva bene cosa significasse scegliere. Le donne avevano cucito la pace con mani stanche, e ora volevano decidere il domani. Senza urla, senza prepotenza. Solo con il peso dolce della propria voce.
Nel film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, che racconta con bravura magistrale il difficile cammino dell’emancipazione femminile nel dopoguerra, c’è una frase che DICE TUTTO:
“Mi hanno detto che posso votare. Io. Una come me.”
Delia, la protagonista, pronuncia queste parole con stupore e commozione. In quella frase sussurrata c’è l’eco di migliaia di donne dimenticate, finalmente chiamate per nome. Finalmente viste. Finalmente libere.
Il 2 giugno fu una carezza sulla Storia, un sussurro che diceva: “Ci siamo anche noi. E non ci fermeremo più.”
Da quel giorno in poi, tutto ha cominciato a muoversi
Non bastò, certo. Non bastò allora, e ancora oggi non basta. Ma fu un inizio. Un seme gettato nella terra viva della democrazia. Da quel momento, ogni passo compiuto dalle donne italiane ha portato con sé il sapore di quella prima volta. Il peso e la leggerezza di chi sa di avere il diritto di esserci.
Oggi, ogni volta che entriamo in un seggio, portiamo con noi quel giorno di giugno, quel batticuore, quella primavera. E dobbiamo ricordarlo, raccontarlo, proteggerlo. Perché ogni voto femminile è memoria, è sogno, è promessa. È il fiore che sboccia su un sentiero costruito con amore, fatica e tenacia.
E che chiede solo di non dimenticare mai da dove siamo partite.